La Gioconda, il ritratto più enigmatico e famoso del mondo, oggi custodito al Louvre di Parigi, è circondato da un alone di mistero che si intreccia con la sua storia. Non sorprende che, accanto al fascino del sorriso di Monna Lisa, siano nate leggende e false credenze: tra le più diffuse c’è quella secondo cui il dipinto sarebbe stato portato in Francia da Napoleone Bonaparte come bottino di guerra.
La verità, però, è molto diversa: la Gioconda si trova al Louvre non per un atto di conquista, ma per un acquisto legittimo fatto secoli prima. Eppure, un furto c’è stato davvero, anche se non quello che molti immaginano.
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Leonardo da Vinci e il viaggio in Francia
La presenza della Gioconda a Parigi ha origine con lo stesso Leonardo da Vinci. Nel 1516, l’artista toscano si trasferì in Francia su invito di Francesco I, che lo accolse come “primo pittore, ingegnere e architetto del re”. Leonardo portò con sé alcune delle sue opere più amate, tra cui la Gioconda.
Due anni più tardi, nel 1518, il sovrano acquistò ufficialmente il dipinto, insieme ad altri capolavori come la Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino e il San Giovanni Battista. Con quella transazione, la Gioconda entrò a pieno titolo nelle collezioni reali francesi.
Nei secoli successivi, il quadro passò da un re all’altro: Luigi XIV lo volle a Versailles, e dopo la Rivoluzione francese fu trasferito nel 1797 al Musée Central des Arts, l’attuale Louvre, per essere ammirato dal pubblico.
Il mito di Napoleone: una falsa attribuzione
Il nome di Napoleone Bonaparte è spesso associato alla Gioconda, ma a torto. Al tempo della sua ascesa, infatti, il dipinto era in Francia già da quasi tre secoli.
L’unico legame reale è che l’imperatore, grande ammiratore di Leonardo, volle tenere il quadro nella sua camera da letto al palazzo delle Tuileries, tra il 1800 e il 1804. Un gesto da collezionista appassionato, non certo un furto: la Gioconda apparteneva già allo Stato francese.
Il vero furto: Vincenzo Peruggia
Se Napoleone non c’entra, chi rubò davvero la Gioconda? L’unico e autentico furto avvenne il 21 agosto 1911 e fu opera di un solo uomo: Vincenzo Peruggia, un imbianchino italiano che aveva lavorato al Louvre.
Convinto, erroneamente, che Napoleone avesse trafugato il dipinto dall’Italia, Peruggia decise di “restituirlo alla patria”. Si nascose in un ripostiglio del museo, attese il momento giusto e, con sorprendente semplicità, staccò il quadro dalla parete, uscendone con l’opera nascosta sotto il cappotto.
La sparizione scatenò un clamore mondiale. La Gioconda rimase nascosta per oltre due anni, custodita nell’appartamento parigino del ladro. Nel dicembre del 1913, Peruggia tentò di venderla a Firenze all’antiquario Alfredo Geri, ma fu tradito dalla sua ingenuità: l’antiquario avvisò le autorità e il ladro venne arrestato.
Il dipinto fu esposto brevemente agli Uffizi e a Roma, accolto con emozione dagli italiani, prima di essere restituito solennemente alla Francia nel gennaio 1914.
Una fama che nasce anche dal furto
Il processo a Peruggia si concluse con una condanna relativamente lieve, mitigata dal suo dichiarato patriottismo. Paradossalmente, il furto rese la Gioconda ancora più celebre: le prime pagine dei giornali di tutto il mondo trasformarono l’opera di Leonardo in un’icona universale.
Un simbolo senza confini
Oggi la Gioconda continua ad attirare milioni di visitatori al Louvre, protetta da sistemi di sicurezza che rendono impensabile un furto come quello del 1911. La sua storia ci ricorda che la sua presenza in Francia è il risultato di un trasferimento pacifico e legittimo, e non di conquiste o rapine.
Il solo tentativo di sottrarla, quello di Vincenzo Peruggia, non fece altro che alimentarne il mito. Ed è forse proprio questa combinazione di genio artistico, mistero e avventure che ha consacrato la Gioconda come il dipinto più famoso al mondo.

“In Media Res” di Emanuele Conte per Klasspop – Immagini AI

