Il Gigante di Bronzo: Storia del Colosso di Rodi

Il Colosso di Rodi Klasspop.it

Tra le Sette Meraviglie del mondo antico, il Colosso di Rodi rappresenta forse la più affascinante e misteriosa. Questo monumento colossale, una gigantesca statua bronzea del dio del sole Elio, fu molto più di una semplice opera d’arte: fu un simbolo di vittoria, indipendenza e grandezza, la cui storia si conclude in un’affascinante leggenda di distruzione e scomparsa.

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Nascita di un’opera d’arte e di una leggenda

La storia del Colosso ha inizio con un atto di sfida e trionfo. Nel 305 a.C., l’isola di Rodi fu sottoposta a un lungo e logorante assedio da parte di Demetrio I Poliorcete, il figlio di Antigono I Monoftalmo, uno dei successori di Alessandro Magno.

Nonostante l’impressionante esercito e le innovative macchine d’assedio, tra cui la famosa torre mobile detta “elepoli”, i Rodiani resistettero tenacemente, costringendo Demetrio a ritirarsi l’anno seguente. In un gesto di gratitudine per la vittoria e per celebrare la loro indipendenza, gli abitanti dell’isola decisero di costruire una statua monumentale in onore di Elio, loro dio protettore.

Il compito fu affidato allo scultore Carete di Lindo, un discepolo del celebre Lisippo. Per finanziare la mastodontica impresa, i Rodiani vendettero l’intero equipaggiamento militare abbandonato da Demetrio in ritirata. La costruzione, iniziata nel 293 a.C., richiese dodici anni di lavoro. Il risultato fu una statua di circa 32 metri di altezza, realizzata con un’intelaiatura interna in ferro e rivestita da lastre di bronzo fuse separatamente e poi assemblate. Per raggiungere le parti più alte durante la costruzione, gli operai eressero un’enorme rampa di terra, che fu poi rimossa una volta che la statua fu completata. Si crede che la struttura interna fosse anche riempita di pietre per garantire una maggiore stabilità. Oltre a celebrare la vittoria, il Colosso servì da faro per i navigatori, guidandoli verso il porto sicuro di Rodi.


Il tragico destino e la rovinosa caduta

La gloria del Colosso durò poco più di mezzo secolo. Nel 226 a.C., un devastante terremoto scosse l’isola, provocando il crollo della statua, che si spezzò all’altezza delle ginocchia. I suoi resti rimasero distesi a terra per quasi novecento anni, diventando una meta di pellegrinaggio per i visitatori che volevano ammirare le sue imponenti rovine, come un monumento alla sua stessa magnificenza perduta. L’Egitto, sotto il faraone Tolomeo III, offrì di finanziare la ricostruzione, ma gli abitanti di Rodi, consultando un oracolo, rifiutarono l’aiuto, temendo di aver in qualche modo offeso il dio Elio.


La scomparsa definitiva e l’eredità

Il destino finale del Colosso si compì solo secoli dopo, nel 653 d.C., quando l’isola fu conquistata dagli Arabi guidati dal generale Muawiyah I. Non avendo alcun interesse a preservare il monumento, il generale ordinò che i suoi resti fossero smantellati. Le immense lastre di bronzo furono vendute a un mercante ebreo di Emesa, in Siria, e furono necessarie quasi 900 cammelli per trasportarle. Da quel momento, ogni traccia fisica della statua si perse per sempre, e il Colosso divenne un simbolo di un grandioso passato perduto, un monito sulla fragilità delle opere umane.

Un moderno Colosso di Rodi, una scherzosa reiterpretazione per gli amici di Klasspop.it
Un moderno Colosso di Rodi, una scherzosa reiterpretazione per gli amici di Klasspop.it

Le rappresentazioni artistiche più diffuse, che mostrano il Colosso con le gambe divaricate all’ingresso del porto, con le navi che passano sotto, sono frutto dell’immaginazione rinascimentale e non sono storicamente accurate. Tuttavia, queste immagini mantengono viva la leggenda e la grandezza di questa meraviglia del mondo antico, un’opera che, sebbene esista ormai solo nei libri di storia e nella leggenda, continua a ispirare e a meravigliare.

“In Media Res” di Emanuele Conte per Klasspop – Immagini AI